Una pagina della grande Annie Ernaux che mi ha colpito particolarmente e in cui descrive con pungente semplicità una situazione che noi donne abbiamo vissuto chissà quante volte. Infastidite abbiamo fatto finta di niente per non alzare polveroni scomodi oppure li abbiamo alzati, quei polveroni, e a quel punto abbiamo passato la mano (o la sorte della coppia) al nostro partner. Quante volte è stato proprio questo trillo di un semplice timer da cucina ad essere l’inizio della fine, cioè a darci quella scossetta che attiva riflessioni scomode. E così, in fondo, che si inizia un percorso logorante e ciò che credevamo amore eterno si trasforma in ring dove ognuno scarica sull’altro colpe e responsabilità, mancanze e rancori.
È un copione conosciuto a memoria. Per questo c’è chi preferisce far finta di niente, insabbiare quello che rode dentro. E nonostante tutto, tacere. Buona lettura:
«Dal matrimonio passa un mese, tre, torniamo entrambi all’università, io mi metto a dare ripetizioni di latino. Fa buio presto, lavoriamo insieme in soggiorno. Così seri e fragili, siamo la commovente immagine della giovane coppia moderna e intellettuale. Che ancora riuscirebbe a intenerirmi se mi lasciassi andare, se non provassi a capire come si finisce per farsene risucchiare. Acconsentendovi, pavidamente. Siamo nella stessa stanza, a due metri l’uno dall’altra, sto lavorando su La Bruyère o su Verlaine. La pentola a pressione, regalo di nozze, utilissimo vedrete, borbotta sul fuoco. Uniti, simili. Il trillo acuto del timer da cucina, altro regalo. La somiglianza finisce qui. Uno dei due si alza, spegne la fiamma sotto la pentola, attende che la valvola impazzita si calmi, solleva il coperchio, filtra il brodo e torna ai propri libri cercando di riprendere il filo della lettura. Io. Eccola cominciata, la differenza.
A partire dal tinello. La mensa universitaria chiudeva per l’estate. A pranzo e a cena sono sola davanti alle pentole. Non avevo più idee di lui su cosa mettere in tavola. Oltre alle cotolette impanate e alla mousse al cioccolato, piatti da occasioni speciali, non sapevo preparare nulla di ordinario, da giorno feriale. Nessun passato da aiuto-cuoco tra le sottane di mammà, né per lui né per me. Perché tra noi due sono l’unica a dover procedere per tentativi, brancolando tra i tempi di cottura del pollo e i semini del cetriolo da togliere o tenere, l’unica a scartabellare un libro di ricette, pelare carote, e per di più a lavare i piatti dopo cena, mentre lui si rimette a studiare diritto costituzionale? In nome di quale superiorità?»
Annie Ernaux, La donna gelata, ed. Orma, pag. 135
