Un viaggio inebriante

Il vetro rotto di un quadro attira sempre la mia attenzione. Nel caso specifico, si tratta di un quadro appeso in salotto e, ogni volta che ci passo davanti, la visuale si focalizza esattamente dove manca un pezzo di vetro. Eppure, nonostante l’irritazione che puntualmente avverto alla sua vista, dimentico sempre di portare il quadro dal corniciaio. Oggi, però, ho provato una nuova sensazione. Posando lo sguardo sul solito quadro, sono andata al di là del vetro e, chiedendomi allo stesso tempo il motivo per il quale non lo avessi fatto prima, mi sono fermata a osservare quella che ingiustamente avevo sempre trascurato: la litografia di Cascella. È stato inevitabile cadere in preda a una profonda contemplazione, probabilmente per compensare la mia scarsa considerazione nei suoi confronti, almeno fino a oggi. Così, osservandola accuratamente, ora mi ritrovo tuffata tra le sue “mimose”, che danno nome, appunto, a questa opera.
La stravaganza di questo pensiero mi sta trascinando in un viaggio fantastico e ne approfitto, lasciandomi travolgere senza opporre alcuna resistenza.
Mi arrampico sulla cornice e poi, dopo aver trovato il pezzo di vetro meno tagliente, riesco, con un gran salto, a cadere proprio in braccio alla mimosa più grande. Mi sento avvolgere e quasi soffocare dai suoi rami fioriti. Il giallo dei suoi fiori, così solare e caldo, invade il verde smeraldo del prato che da quassù appare da sfondo. È uno splendore che inebria la mia vista. Scendo dall’albero con un altro salto e atterro sul prato soffice e generoso. Guardando di nuovo la mimosa, questa volta dal basso, la prospettiva è cambiata, e anche i colori: ora a fare da sfondo è l’azzurro del cielo e immediatamente lo stesso giallo delle mimose adesso appare dissonante con quell’azzurro.
Mi guardo attorno, passeggio incuriosita, rendendomi subito conto che sono sola, il che mi permette di assaporare al meglio tutto il paesaggio e la sua atmosfera.

Inizio a odorare in profondità il profumo dei fiori. L’inebriante fragranza mi catapulta in un’altra realtà, dove, con piacevole confusione, mi ritrovo spintonata da emozioni e ricordi: profumo di mimosa, profumo di primavera, il mio primo bacio, la voglia di liberarmi dalla costrizione degli abiti pesanti e dagli umori cupi, voglia di uscire, di annusare, di respirare colori e sorrisi, voglia di guardare la luna e di inspirare l’umidità della notte e il calore del giorno. Vivo l’estasi; vivo percezioni parallele che mi sollevano dall’asfalto e mi isolano dai rumori della vita.
Alberi di mimosa fioriti, colorati, profumati, tutti per me.
Mi sdraio sul tappeto fitto e morbido di erba e, seppur sovrastato dal profumo imponente delle mimose, riesco a percepire anche il suo.
Lo squillo del campanello di casa interrompe l’incantesimo, ma non completamente. Cerco il solito vetro meno tagliente e lo scavalco, con uno slancio mi tuffo sul divano. Morbido sì, ma preferisco il prato.
Controvoglia, mi alzo e sbuffando mi dirigo verso la porta. Guardo stizzita dallo spioncino e, accorgendomi che al di là della porta c’è un rappresentante di aspirapolvere, la stizza aumenta e decido di non aprire. Voltandomi mi viene naturale guardare fuori il terrazzo; tra le tante piante che lo arredano mi salta agli occhi un angolo ancora sgombro. La posizione giusta per inserirci un albero di mimosa.

by Emma Saponaro

7 pensieri riguardo “Un viaggio inebriante

  1. Dimostri d’aver una buona tecnica scrittoria, non minimalista, votata a un costrutto complesso e letterario. Sai scrivere e questo è già di per sé un complimento; mio malgrado in rete, e anche al di fuori purtroppo, devo fare sempre più i conti con chi non sa usare la punteggiatura, gli aggettivi ed i verbi anche. La storia è ben scritta, c’è ricerca introspettiva, e c’è una sana dose di fantasia mai pacchiana.

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    1. Mi ritengo soddisfatta del tuo commento/critica. La severità, come dici tu e a mio modesto parere, è un’ottima qualità per colui che si adopera affinchè l’opera acquisti perfezione. Qui sei il benvenuto, Giuseppe.

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    2. La severità è necessaria e non deve esser in nessun caso fine a sé stessa. Hai delle qualità. Verrò spesso qui, non dubitare.

      Grazie del benvenuto. Sappi che da me non mancherà mai buona accoglienza.

      Mi sono permesso di linkarti. Se non ti dovesse far piacere, hai solo da dirmelo. 😉

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    1. Ad esempio si potrebbe finire in un incubo di Francisco Goya. In ogni caso dipende dallo spirito d’avventura che ognuno di noi è disposto a reggere. Io sarei felicissimo di finire dentro un quadro di Goya, invece non lo sarei se venissi vomitato in una tela di Giacomo Balla.

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    2. Altro che incubo, nei quadri di Goya entri direttamente nelle fauci fameliche del mostro di turno. Perchè non provi con un Bosch? L’atmosfera è ugualmente inquietante, ma sicuramente ne esci tutto intero e senza macchie di sangue. In un Bella, invece, vieni divorato sì, ma da colori e forme; a quel punto, preferisco Kandinsky. Io vado sul sicuro: mi tengo il buon Cascella. Magari un paio di volte a settimana potrei calarmi in tutu e mezze punte in un Degas, così realizzerei il mio sogno da bambina di diventare una ballerina classica.

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